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Rivolto a insegnanti e educatori questo saggio doppio propone di utilizzare fiabe, poesie e racconti come veri e propri strumenti educativi, scritti legati dalla fiducia nella parola che forma, educa, accompagna a raccontarsi per riconoscersi e costruire la propria identità.
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Presentazione (Andrea Canevaro e Angelo Errani)
PRIMA PARTE – La letteratura per l’infanzia come mediatore
Imparare a reggere l’esperienza del dolore e a ridurne le ferite: i racconti per l’infanzia come mediatori fondamentali per la rielaborazione della violenza (José Jorge Chade)
Scrittura e lettura come riscatto (Marco Moschini)
È difficile dire le cose difficili: accompagnare i bambini a incontrare bisogni, limiti e paure come occasione per crescere (Angelo Errani)
SECONDA PARTE – Poesie, fiabe, racconti, sceneggiature, testimonianze di vita
Provate a non... (Roberto Piumini)
Fiabe (Enza Donato)
Le avventure del formaggino Trilly (Enza Donato)
AmoRe (Emanuela Nava)
Il cormorano dagli occhi verdi (Emanuela Nava)
Il gatto e la margherita (Emanuela Nava)
Chi ha paura del buio? (Marco Tosti)
Il Babau cerca amici (Paolo Bignami e Marco Riva)
PIL (Paolo Bignami)
Scacagrup (Paolo Bignami e Marco Riva)
Gigetto il ghiro mangiatutto (Paolo Bignami e Marco Riva)
Scrivi che ti passa (Adriana Lorenzi)
Le mie storie in un anno di ricordi (Luigi Massimo)
Mi chiamo Gian Paolo Errani (Gian Paolo Errani)
Bibliografia
Questo libro ha due porte di ingresso. La prima parte del volume raccoglie saggi critici, che riflettono sull’efficacia della letteratura per l’infanzia per sostenere la formazione di una coscienza etica e elaborare i vissuti anche più dolorosi. Girando il libro, la seconda parte presenta una antologia di testi: fiabe, poesie, racconti, sceneggiature teatrali, autobiografie. Il filo rosso che lega queste due anime è la fiducia nella parola che forma, che educa, che accompagna fin dalla primissima infanzia a raccontarsi per riconoscersi e costruire la propria identità.
Che sia di supporto a elaborare esperienze traumatiche, o strumento per fronteggiare paure e limiti o, ancora, mezzo per accettarsi nella propria integrale unicità, la parola è il mediatore, il punto d’appoggio cruciale per crescere nell’equilibrio, nell’appartenenza, nella libertà.