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Di Edgar Morin
Collana: Il Margine / Pinova
Un saggio consapevole e sensibile sulla morte: Morin suggerisce di conoscere «la morte attraverso l’uomo e l’uomo attraverso la morte», l’unico modo di trasformare l’incompiutezza che è il nostro destino, di immaginare un avvenire in cui la morte stessa, e con lei l’uomo, dovrà cambiare.
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Presentazione (Francesco Bellusci)
Nota del curatore (Riccardo Mazzeo)
introduzione generale
Antropologia della morte
1. Ai confini della terra di nessuno
2. La morte in comune e la morte solitaria
3. L’individuo, la specie e la morte-rinascita
4. Il paradosso della morte: l’assassinio e il rischio di morte (disadattamento-adattamento alla morte)
5. I fondamenti antropologici del paradosso
6. La morte e l’utensile
Parte prima
Le concezioni primarie della morte
1. La morte-rinascita e la morte materna
2. Il «doppio» (fantasmi, spiriti) ovvero il contenuto individualizzato della morte
3. L’occultismo e l’estetica: perduranze e riaffioramenti delle concezioni primitive della morte
Parte seconda
Le cristallizzazioni storiche della morte
4. La svolta storica: le nuove morti
5. La salvezza
6. La morte cosmica: Brahman e Nirvana
7. La morte è meno di niente (la saggezza antica)
8. La morte e la cultura
Parte terza
La crisi contemporanea e la «crisi della morte»
9. La crisi contemporanea e la «crisi della morte»
Parte quarta
Tanatologia e azione contro la morte
10. La scienza della morte e il mito moriniano dell’amortalitÃ
11. Tra l’indefinito e l’infinito (Nuove conclusioni – 1970)
Bibliografia
Appendice
Prefazione alla prima edizione (1951)
Prefazione alla seconda edizione (1970)
Introduzione del 1976
Prefazione del 2002
Prefazione del 2014
A settant’anni dalla prima edizione, L’uomo e la morte occupa ancora un posto d’eccezione nella storia del pensiero: non è solo una summa di quanto è stato detto e scritto sulla mortalità , ma anche un appello a ritrovare una consapevolezza e una sensibilità che, oggi più che allora, vanno scomparendo.
Come tutto ciò che non risulti immediatamente gratificante e che ci costringa a confrontarci con la finitezza, l’idea della morte ha subito un processo di rimozione coatta. Ma non basta rifiutarsi di pensare la fine per riuscire a bandirla: la morte esiliata dalle coscienze rientra attraverso le crepe della vita interiore, e crea in noi una vertigine e uno smarrimento che acquietiamo costruendoci un benessere illusorio.
Parlando della morte, Morin parla in realtà dell’essere umano, che non può impedirsi di pensarla nella sua realtà inaggirabile e nell’orrore che suscita, e delle strategie che adotta per tamponare questo buco nero escogitando qualche modalità di sopravvivenza per la propria individualità .
Traduzione di Riccardo Mazzeo