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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Metodologie didattiche / educative
In una serie di Domande & Risposte, due dirigenti scolastiche e formatrici dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) spiegano il passaggio dalla DAD all’attuale DDI.
Come si è passati dalla DAD alla DDI? Che differenza c’è tra DAD e DDI? Quali sono i punti di forza della DDI? E quali le criticità? Come vengono calate nel contesto scolastico le Linee Guida sulla DDI? Quali misure sono state adottate per promuovere l’equità digitale nella didattica? Chi promuove la formazione digitale delle famiglie? Quali sono le linee guida del Miur sulla Didattica Digitale Integrata? Cos’è previsto rispetto alla didattica per gli alunni con disabilità e per gli alunni con BES?     Come si è passati dalla DAD alla DDI? Dalla fase di rientro a scuola, le istituzioni scolastiche sono chiamate a fronteggiare una situazione complessa, ma in questo quadro emergenziale è necessario non perdere di vista la prospettiva pedagogica dell’inclusione. Dirigenti e docenti sono chiamati ad assumere decisioni e scelte organizzative e didattiche che tutelino tutti gli studenti nella difficile gestione delle situazioni didattiche in presenza o a distanza. Nei mesi trascorsi nella fase di isolamento e di chiusura delle scuole, la didattica a distanza ha rappresentato l’unica strada per mantenere viva la comunità di classe, per dare continuità al percorso di apprendimento; oggi alla luce anche dell’esperienza passata la scuola non deve farsi trovare impreparata, deve mettere in campo competenze e capacità. La comunità educante deve prepararsi ad affrontare le nuove situazioni di criticità lavorando per tutelare un diritto costituzionale, quello all’istruzione, del quale saprà farsi carico “perché risponde alla missione stessa di ogni lavoratore della scuola” (Nota MI 388 del 17 marzo 2020). L’attuale quadro normativo propone una didattica che integra momenti di insegnamento in presenza a momenti di lavoro a distanza, in un mix di contesti fisici e virtuali. Il 26 giugno 2020 il Ministero ha adottato il Documento per la pianificazione delle attività scolastiche e formative in tutte le Istituzioni (Piano scuola 2020- 2021) per la ripresa delle attività scolastiche, con il quale si è chiesto alle scuole di elaborare un proprio piano di Didattica Digitale Integrata che, pur adattandosi alle condizioni e caratteristiche contestuali, potesse armonizzare le tipologie di azioni generali programmabili da parte delle scuole. Con il Decreto 89 sono state adottate le Linee Guida sulla Didattica Digitale Integrata (DDI) con la finalità di determinare la cornice di riferimento per la redazione dei piani scolastici. Il presupposto “valoriale” è stato quello di stimolare l’impiego di strumenti e modalità di didattica a distanza che implementino le metodologie di insegnamento, che non vadano a sostituire la tradizionale prassi didattica di cui i docenti sono portatori, ma nemmeno siano concepite solo in un’ottica emergenziale.   Che differenza c’è tra DAD e DDI? Il rischio attuale è quello di utilizzare i due acronimi DAD (didattica a distanza, sperimentata dal mese di marzo alla fine del precedente anno scolastico) e DDI come sinonimi, tuttavia ad essi afferiscono condizioni ed aspetti diversificati. La DDI è accompagnata dal termine integrata proprio perché propone una sinergia tra due situazioni didattiche in presenza e a distanza, mentre la DAD è svolta completamente in ambiente virtuale. Possiamo affermare che la DAD rappresenta una componente della DDI ma non è identificabile in modo assoluto con essa. In virtù del suo approccio che integra realtà fisica e virtuale, i percorsi sperimentati nella DDI potranno creare gradualmente le possibilità di una didattica mista, blended learning, in grado sicuramente di stimolare nuovi interessi ed incrementare la motivazione. La puntuale pianificazione di interventi didattici in presenza o a distanza, di lezioni sincrone o asincrone, determinano situazioni didattiche adatte a ciascuno stile di apprendimento, incrementando risultati e successi formativi individualizzati.   Quali sono i punti di forza della DDI? E quali le criticità? La DDI si differenzia per le diverse condizioni in cui va attivata, si adatta cioè ai contesti e può essere funzionale per un solo soggetto, per alcuni soggetti o per classi intere. Le modalità di prestazione prevedono vari scenari: L’erogazione per uno studente “fragile”, che, non potendo frequentare in presenza, per attestati motivi di salute che lo esporrebbero a rischi gravi legati alla pandemia, segue le lezioni con un Piano personalizzato di DDI da casa. Il piano settimanale delle lezioni, sincrone e/o asincrone, sarà adattato alle sue condizioni di salute, in accordo con la famiglia; L’erogazione di lezioni ad un alunno o a gruppi di alunni in isolamento fiduciario o quarantena per Covid-19, in cui la DDI è contemporanea e/o complementare ad attività in presenza: gli studenti che seguono l'attività a distanza rispettano lo stesso orario di lavoro della classe in presenza tranne nel caso in cui la metodologia in uso non richieda una diversa organizzazione temporale o una diversa metodologia (ad esempio di verifica) tra studenti in DID e in DIP. L’erogazione dell’intero percorso formativo in caso di quarantena di tutta la classe o per un lungo periodo in DDI esclusiva in caso di lockdown: si prevederà un orario minimo differenziato per ordine di scuola, fermo restando l'orario settimanale dei docenti stabilito dal CCNL. In questo caso il dirigente scolastico, insieme ai referenti di plesso, sulla base dei criteri stabiliti dal Collegio Docenti e sentito il parere del Consiglio di Istituto, predispone un orario per ciascuna classe e ciascun docente, in modo che venga assicurato l'insegnamento di tutte le discipline previste, anche in un’ottica interdisciplinare. La possibilità di tenere “collegati” alla classe tutti gli studenti è sicuramente uno degli elementi che dà validità a questo approccio, che da “emergenziale” diviene stabile ed innovativo: garantisce continuità al percorso di insegnamento-apprendimento anche in caso di assenze o dell’impossibilità per chi soffre di particolari patologie di frequentare in presenza. L’alternarsi di attività sincrone ed asincrone favorisce forme di personalizzazione. La DID diviene un approccio fortemente strutturato, con attenzione al target, ai tempi e alle possibilità didattiche offerte dalle diverse piattaforme, che creano ambienti di apprendimento differenti dalla DIP e necessitano di un uso del tempo fortemente “pensato” e programmato. Gli stessi punti di forza possono divenire criticità se non gestiti: i collegamenti possono divenire una brutta copia della lezione trasmissiva, poco coinvolgenti e collaborativi, se non si prevedono momenti di interazione; la permanenza in DAD per alcuni soggetti può portare all'isolamento e favorire un “effetto capanna” che spinge i ragazzi a chiudersi in se stessi; senza la partecipazione emotiva e la presenza fattiva dei docenti, la personalizzazione potrebbe ridursi ad una mera diversificazione di compiti per casa o a qualche “registrata” in più ad integrare il sincrono, ma senza un’effettiva presa in carico delle esigenze di individualizzazione di una didattica veramente inclusiva.   Come vengono calate nel contesto scolastico le Linee Guida sulla DDI? Per questo è importante che le Linee Guida si calino nei contesti attraverso i documenti che i Collegi Docenti hanno elaborato ad inizio d’anno, in coerenza con il PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa). In tali potranno emergere le articolazioni innovative di tale approccio quali, ad esempio, la versatilità verso gli approfondimenti disciplinari e interdisciplinari; la personalizzazione dei percorsi e il recupero degli apprendimenti; lo sviluppo di competenze disciplinari e personali; il miglioramento dell’efficacia della didattica in rapporto ai diversi stili di apprendimento (sensoriale: visuale, uditivo, verbale o cinestesico, globale-analitico, sistematico-intuitivo, esperienziale, etc.); una funzionale risposta alle esigenze dettate da bisogni educativi speciali (disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento, svantaggio linguistico, etc.). Tali azioni innovative potranno trovare nell’alternanza di momenti sincroni, al mattino e/o al pomeriggio, e asincroni un efficace contesto di applicazione. Ovviamente si dovrà tenere conto dell’età anagrafica degli studenti, delle loro competenze digitali, delle caratteristiche del gruppo-classe andando a costruire un orario di massimo 15 ore di sincrono, ben distribuito nella settimana che andrà ad arricchirsi di lavori di gruppo, recupero e potenziamento. Per rendere possibile tale risultato è necessaria anche la collaborazione delle famiglie, che sono quindi chiamate a sottoscrivere una integrazione del Patto di corresponsabilità educativa riguardante la DDI. Le famiglie si impegnano a supportare i figli durante la DDI, utilizzando tutti gli strumenti informatici (PC, tablet, smartphone) in loro possesso, ovvero di segnalare al docente curricolare o al coordinatore di classe eventuali esigenze di device e dispositivi, così che la scuola possa provvedere a concederne l’utilizzo in comodato d’uso gratuito, tramite stipula di regolare contratto. Inoltre le famiglie sono tenute a garantire la regolarità della frequenza e della partecipazione dei propri figli, sia in presenza sia a distanza e sono direttamente tenute ad un controllo assiduo e costante dei comportamenti dei propri figli e a segnalare eventuali inadempienze ai docenti di riferimento.   Quali misure sono state adottate per promuovere l’equità digitale nella didattica? Ma le famiglie sono tutte in grado di supportare i figli nella DDI? La crisi sanitaria che abbiamo vissuto e che tuttora stiamo affrontando e che ha costretto a casa la nostra popolazione studentesca, ha impattato negativamente sulla povertà educativa, riportando in primo piano il tema del digital divide (divario digitale), della diversità di accesso agli strumenti di connessione. Il quadro emerso dalle statistiche ISTAT di Aprile 2020 propone un quadro poco rassicurante in un momento in cui la DDI diviene strumento determinante per il percorso di istruzione. I limiti vanno però ben oltre il solo aspetto didattico e ci portano a riflettere sulle implicazioni in termini di inclusione. In questa fase d’emergenza le famiglie, gli insegnanti, si sono ritrovati costretti ad affrontare un nuovo modo di vivere la scuola, in alcune situazioni senza avere a disposizione né gli strumenti adeguati, come connessioni, pc o tablet né le disponibilità finanziarie necessarie a dotarsene, con il rischio che soprattutto i giovani già più esposti alla povertà educativa vedano minato il proprio diritto allo studio. In questa fase abbiamo assistito alla promozione di iniziative sia ministeriali sia del terzo settore volte a favorire l’equità digitale nella didattica, promuovendo l’implementazione delle dotazioni informatiche delle scuole per il comodato gratuito degli strumenti alle famiglie. In una situazione in cui diventa cruciale ogni sforzo per garantire l’equità, ogni istituzione scolastica deve provvedere alla rilevazione del fabbisogno per avere un quadro delle necessità degli studenti in merito a device e connettività predisponendo un monitoraggio sia rivolto alla popolazione studentesca sia ai docenti a tempo determinato.   Chi promuove la formazione digitale delle famiglie? Diventa parte del compito dell’istituzione scolastica, allora, verificare anche che le famiglie siano informate degli aiuti disponibili sul territorio e rispondere, grazie agli acquisti effettuati con i finanziamenti predisposti, alle richieste di comodato d’uso dei genitori. Tuttavia, l’uso del registro elettronico, delle Google Suite, delle piattaforme, non sono conoscenze da dare per scontate né negli adulti né nei bambini e nei ragazzi. Per questo gli Animatori digitali degli Istituti potrebbero farsi promotori, su stimolo del Dirigente scolastico, di iniziative di “informazione e formazione” delle famiglie e di implementazione delle competenze digitali dei docenti. I docenti poi saranno chiamati, ciascuno per il suo gruppo classe e nella specificità della situazione di partenza, a organizzare momenti strutturati di lezione per stimolare le competenze stesse degli alunni.   Quali sono le linee guida del Miur sulla Didattica Digitale Integrata? Il Miur, oltre alle Linee Guida sulla DDI emanate con Decreto del Ministro 89 del 7 agosto 2020, con la Nota 11600 del 3 settembre 2020, ha pubblicato un documento, predisposto da un Gruppo di lavoro congiunto tra Ministero dell'istruzione e l'Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, per fornire alle scuole le linee di indirizzo comuni e dettare i principi generali per l'implementazione della didattica digitale integrata. Si raccomanda che la scuola, nella scelta degli strumenti digitali da adottare per il lavoro a distanza, privilegi piattaforme per la didattica, attivi solo i servizi strettamente necessari alla finalità e si assicuri della modalità di gestione dei dati personali degli utenti. Ė auspicabile, anche in tal senso, una buona comunicazione alle famiglie, tramite un'informativa sintetica, trasparente e scritta con un linguaggio comprensibile. Non è necessario il consenso delle famiglie per l’impiego di tali servizi in quanto la sua funzione è direttamente riconducibile in questa fase d’emergenza agli scopi istituzionali della scuola, ciò tuttavia non esonera, come già detto, la scuola dalla trasmissione dell’informativa.   Cos’è previsto rispetto alla didattica per gli alunni con disabilità e per gli alunni con BES? Nella Nota 1990 del 5 novembre, si pone l’accento sulla necessità di una progettualità più attenta per i BES: richiama infatti il passaggio del DCPM in cui si sottolinea il principio fondamentale della “garanzia” della frequenza in presenza per gli alunni con disabilità, segna nettamente la necessità che tali attività in presenza realizzino un’inclusione scolastica “effettiva” e non solo formale, volta a “mantenere una relazione educativa che realizzi effettiva inclusione scolastica” (pag.3). Allo stesso modo si ricordano le esigenze dei BES, lasciando alla comunità educante, scuola, famiglia, ente locale e terzo settore, la scelta di attivare misure per garantire la frequenza in presenza agli alunni con altri bisogni educativi speciali, “qualora tali misure siano effettivamente determinanti per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento da parte degli alunni coinvolti” (pag.4). Le singole istituzioni sapranno vagliare se e in quali casi la DIP sarà necessaria per il benessere formativo, relazionale e didattico di tali studenti. Tuttavia, la DID può divenire un “approccio inclusivo” se si rispettano alcune condizioni. Diviene necessario, ancor più forse che in presenza, che il docente diventi un “accompagnatore” lavorando con tutta la classe sulle strategie che migliorano e rafforzano l’apprendimento. La DID non è inclusiva se diventa una lunga lezione in videocall: se diviene mera trasmissione dei saperi, in tal caso è “esclusiva”. I ragazzi con BES troveranno ancora più complesso, mancando il feedback del docente e dei compagni comprendere il loro percorso ed apprendere serenamente. La DID infatti mantiene il carattere di inclusività se è collaborativa, se diventa di sostegno sia individuale sia collegiale alla classe, se è attenta ad una valutazione formativa per l’apprendimento. In conclusione occorre che il Dirigente monitori, grazie ai referenti di istituto, che le metodologie utilizzate in DDI siano improntate all’innovazione e non creino contesti demotivanti e frustranti per i più fragili. .cap-glossario{ top: -150px; position: relative; height: 1px; } .url-glossario {padding-inline-start: 20px;} .url-glossario li, .url-glossario li a {color: #b5161a; font-size: 1.2rem; text-decoration: none; font-weight: bold; list-style: circle; } .url-glossario li a:hover {color:#122969; background: rgba(149,165,166,0.2); content: ''; -webkit-transition: -webkit-transform 0.3s; transition: transform 0.3s; -webkit-transform: scaleY(0.618) translateX(-100%); transform: scaleY(0.618) translateX(-100%);}
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica inclusiva
Motivazione, autostima e stili attributivi: ecco come aiutare gli studenti ad affrontare successi e fallimenti nella scuola secondaria di primo grado
Al centro della didattica sta naturalmente l’alunno, un alunno con la possibilità, ma anche la responsabilità, di farsi carico in misura variabile in base alle proprie capacità e in base alle possibilità create dall’insegnante, del proprio percorso di apprendimento. Non va dimenticato che ogni studente e ogni studentessa ha degli interessi che coltiva e alimenta e che nell’ambiente di apprendimento contribuiscono a creare una sua motivazione per l’apprendimento.  Spesso però l’idea che ognuno ha di sè non corrisponde a quella che traspare dai risultati scolastici. Secondo la teoria degli stili attributivi si tende infatti a interpretare sé stessi e il mondo che ci circonda, ricercando delle ragioni che spieghino il successo o l’insuccesso propri o altrui, basandoci sulle aspettative che che ci si sono precedentemente create. In che modo questo atteggiamento può influire sul percorso di apprendimento di ciascuno? Le teorie sull’intelligenza e sullo stile attributivo hanno importanti ricadute in ambito scolastico e vengono infatti usate per spiegare successi e fallimenti in compiti e situazioni di apprendimento, anche in relazione alla motivazione degli alunni. Si pensi ad esempio al caso di alunni brillanti, di successo, che si sentono tuttavia inadeguati e in preda a un’ansia cronica, preoccupati per il loro livello di capacità. Secondo questi alunni l’intelligenza è fissa, cioè è qualcosa che «c’è o non c’è» e che emerge dai risultati che si ottengono; tuttavia sappiamo che l’intelligenza è una caratteristica che si può allenare, è cioè incrementale. Secondo la Teorie del Sé la personalità si struttura in base all’interpretazione delle situazioni affrontate. Tra la sfida, che può essere un compito scolastico o qualsiasi situazione di vita, e la risposta che ne consegue, si interpone un complesso sistema di convinzioni che è necessario tenere in considerazione nel momento della valutazione degli esiti di questa sfida.  Nella prospettiva di un alunno che crede che l’intelligenza sia fissa, anche l’autostima si possiede solo se una storia di successi a basso sforzo l’hanno determinata e giustificata. Per questo, genitori e insegnanti spesso cercano di preservare l’autostima enfatizzando i successi ed evitando sfide minacciose. Invece in una prospettiva incrementale l’autostima non è una cosa che si possiede oppure no, ma un modo di sperimentare se stessi, che dipende dal fatto di mettersi alla prova con impegno e con strategie efficaci. È evidente dunque l’importanza che rivestono i sistemi di convinzioni e le autorappresentazioni di studenti e studentesse in risposta agli stimoli e alle sfide che devono affrontare lungo il loro percorso di apprendimento. Come attivarsi per aiutare studenti e studentesse ad affrontare serenamente il loro percorso scolastico? Lavorare su se stessi: l’insegnante dovrebbe conoscere i diversi stili attributivi e interrogarsi a fondo sulle proprie teorie implicite, per evitare possibili dissonanze tra il dire e il fare. Lodi e critiche: se si vuole favorire un orientamento verso la padronanza e una teoria incrementale dell’intelligenza, si devono lodare o criticare l’impegno manifestato e le strategie messe in atto, e non la persona in quanto tale. Interagire con la famiglia: l’alunno che presenta una teoria fissa dell’intelligenza, riflette probabilmente comportamenti e atteggiamenti disfunzionali presenti in famiglia. È quindi importante aprire il dialogo con i genitori e attivare sinergie positive. Utilizzare i questionari sulle convinzioni: per rilevare direttamente le convinzioni degli alunni si possono utilizzare dei questionari appositi. I dati raccolti possono essere utilizzati come base per un colloquio diretto con l’alunno oppure per una riflessione di gruppo. Ciò che più conta è avviare un confronto su questa tematica, stimolando così negli alunni una ricerca e un dialogo interiore. Avere attenzioni particolari: un approccio sul riconoscimento delle differenze di ciascuno dovrebbe evitare o limitare le etichettature e le spiegazioni sbrigative, ma spingere a domandarsi sempre il perché dei comportamenti riscontrati.
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Search-ME - Erickson 2 Didattica
Una docente specializzata sul sostegno presenta “Comics (digitali) dell’amicizia”: un progetto attuato in una scuola primaria in provincia di Foggia in cui i bambini hanno costruito i propri avatar e poi li hanno fatti interagire tra di loro in maniera educativa e inclusiva
Lo stato di emergenza dovuto alla pandemia ha obbligato a guardare alle TIC come all’unica ancora di salvezza. Il mondo digitale si è rivelato un'enorme risorsa per le scuole in un periodo di protocolli e restrizioni. La didattica a distanza (DAD) e la didattica digitale integrata (DDI) hanno, così, fatto luce sul gap attuativo in merito a differenziazione didattica e a uso inclusivo della tecnologia digitale presente a scuola. Le tecnologie digitali sono in grado di offrire quella versatilità didattica capace di rispondere in maniera funzionale ai diversi stili di apprendimento, incrementando la motivazione e l’attenzione di tutti gli alunni. L’approccio pedagogico differenziato viene, quindi, a restituire al digitale quel valore inclusivo, nell'ottica di un rinnovamento della didattica, che incontra non solo le diversità e bisogni di ogni singolo alunno, ma ne apprezza la ricchezza. Esso può concretamente rappresentare un'alternativa reale alle modalità tradizionali del fare scuola. A sostegno di questa convinzione si inserisce una buona prassi educativa e inclusiva messa in campo da una docente contitolare e specializzata per le attività di sostegno alla classe in un anno scolastico che ha visto l’alternarsi di periodi di didattica a distanza, a periodi di didattica digitale integrata e didattica in presenza. Il progetto “DAD e Inclusione” - portato avanti in una scuola primaria in provincia di Foggia – è stato caratterizzato dall’approccio al digitale come differenziazione didattica: i bambini hanno costruito i loro AVATAR digitali per realizzare, poi, i “COMICS (digitali) dell’Amicizia”, dove gli AVATAR degli alunni interagivano tra loro a supporto di una narrazione educativa ed inclusiva. La realizzazione degli AVATAR e dei COMICS digitali si è rivelata utile a differenziare sia contenuti che abilità, modulando attività secondo processi diversi e realizzando attività a cui tutti hanno potuto partecipare, con forti ricadute sui vissuti di autoefficacia, stima di sé, sviluppo di abilità sociali, problem solving ed educazione alla reciprocità. La proposta di lavorare alla costruzione di AVATAR è nata dalla scelta di voler accompagnare gli alunni alla riflessione - in modalità ludica - sulla unicità che caratterizza ciascuno di noi, curando l'ascolto e l'attenzione all'altro, soprattutto a sostegno delle fragilità. La consegna ha previsto prima la realizzazione di Avatar cartacei, disegni divertenti e colorati rappresentativi di sé stessi e, quindi, la riflessione guidata sull’originalità e l’unicità di ognuno, educando a riconoscere e rispettare le differenze. Si è poi passati a realizzare gli Avatar in digitale, utilizzando una delle piattaforme in rete che permettono di farlo in modo gratuito: ogni alunno è stato indirizzato, grazie all’uso di una password, alla classe virtuale della piattaforma scelta per la costruzione guidata degli AVATAR digitali. Anche i docenti di posto comune sono stati guidati all’uso della piattaforma per la costruzione dei loro AVATAR per partecipare alla classe virtuale. Il passo successivo è stato quello di fare interagire gli AVATAR tra loro a sostegno di una ritrovata possibilità di vivere la scuola delle relazioni e delle emozioni in modo nuovo, divertente e creativo. Sono nati, così, i COMICS dell’Amicizia, fumetti relativi a momenti di condivisione e inclusione, costituiti principalmente da immagini e testo (presente all'interno di balloon o in didascalie) grazie all’uso di specifiche piattaforme presenti in rete ad uso gratuito. L’approccio a questo mondo digitale richiede una buona conoscenza dell’uso delle piattaforme: un impegno dedicato all’autoformazione attraverso la visione di tutorial facilmente reperibili in rete è richiesto ai docenti per acquisire nel giro di poco tempo quelle competenze utili a guidare la classe nell’avventura della costruzione di storie a fumetti con gli avatar della classe come personaggi. L'esperienza della DAD è stata un po' un ponte tra due mondi: il mondo della didattica digitale - che abbiamo sempre avuto a disposizione - e una didattica di stampo tradizionale - che ha mostrato alcuni suoi limiti ancora una volta. Le tecnologie digitali possono costituire un nuovo modo di fare scuola, a distanza e non solo, permettendo la partecipazione attiva di tutti gli alunni al percorso di apprendimento nonché la sperimentazione del successo creativo, della cooperazione e della condivisione. Come sottolinea Carol A. Tomlinson, la differenziazione didattica è un potente moltiplicatore di equità, un volano efficace di accoglienza e inclusione che declina le migliori conquiste in campo pedagogico e didattico. A livello creativo è stato molto interessante arrivare alla scrittura di una poesia inedita sul tema dell’Amicizia, in modo cooperativo e collaborativo, attraverso la classe virtuale: ogni alunno e ogni alunna della classe ha partecipato – con il suo personalissimo contributo - alla scrittura del testo rintracciando parole e significati nell’esperienza vissuta con il “Progetto DAD e Inclusione”. Vedere, poi, realizzato, il fumetto conclusivo con la poesia dell’Amicizia – a cui si era lavorato durante l’anno scolastico, nonostante le difficoltà - è stato motivo di grande soddisfazione e commozione per tutti, per l’intero team docenti della classe e per le famiglie degli alunni. Stemperare il grigiore emotivo dovuto alla situazione pandemica che stiamo vivendo con immagini colorate e parole gentili è un atto d’amore di cui solo i bambini sono capaci. In un tempo di forte distress per le agenzie educative, riscoprire la bellezza dell’atto educativo/formativo, veicolato dalla relazione empatica, attraverso il feedback entusiasta e gioioso dei bambini - nel partecipare alle attività di didattica inclusiva proposte in digitale - dona speranza e forza anche a noi adulti di riferimento. All’interno del progetto “DAD e inclusione”, abbiamo realizzato anche un libro digitale, con protagonisti gli avatar di bambini e insegnanti. Potete sfogliarlo al link qui sotto: https://read.bookcreator.com/c3sYnLYKZbW5fgVNrJjzV9qGdcY2/3YlO7zRxSfq3Gkl7CZMfHg
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Giulia Mauri, Anna Pepitone e Federica Benetto, tre insegnanti che hanno concluso il percorso di formazione “Expert Teacher”, raccontano come è stata per loro l’esperienza del Master e quale valore aggiunto rappresenta per la loro professione
Nella scuola italiana, da tempo non esiste più un unico profilo di docente, che si occupa quasi esclusivamente dei processi di insegnamento e apprendimento. Sono infatti tante, nella scuola di oggi, le sfide da affrontare, per le quali sono necessarie competenze, conoscenze specifiche ed esperienza.  Il Master «Expert Teacher» organizzato da Erickson, in collaborazione con l’Università Telematica degli Studi IUL di Firenze, si propone di formare insegnanti in grado di gestire il cambiamento, sia dal punto di vista didattico che dal punto di vista organizzativo e professionale, con percorsi dedicati sia agli insegnanti di scuola primaria e secondaria, che ai coordinatori, insegnanti ed educatori di nido e di servizi per la prima infanzia.  Come funziona il Master? Si tratta di un Master di I livello/corso di alta formazione, della durata di un anno accademico, fruibile in modalità e-learning, con una tesi finale che viene discussa in presenza, e il rilascio finale di 60 crediti formativi universitari (CFU). Il Master “Expert Teacher” propone tre percorsi diversi: Esperto nei processi educativo-didattici sistema integrato 0-6Intende formare coordinatori, educatori e insegnanti esperti nel sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 Esperto in didattica innovativa e inclusivaIntende formare docenti esperti nella didattica per competenze, nelle metodologie innovative (anche con l'utilizzo degli strumenti digitali) e nella promozione di una cultura inclusiva. Esperto in organizzazione scolasticaIntende formare docenti esperti nella progettazione, nel monitoraggio e nella valutazione dei percorsi di acquisizione di competenze trasversali degli studenti, in particolare in sinergia con agenzie formative, famiglie e altri soggetti del territorio, e dei percorsi PCTO (per il secondo ciclo) con un focus specifico sulle competenze dell’orientamento formativo. Che tipo di esperienza è quella del Master, che utilità e ricadute può avere rispetto al lavoro e in che modo può rappresentare un valore aggiunto rispetto al proprio bagaglio professionale? Abbiamo intervistato tre insegnanti che hanno concluso il percorso di formazione “Expert Teacher”. Ecco quello che ci hanno raccontato.   Giulia Mauri Insegna da sette anni in una scuola secondaria di primo grado in provincia di Milano. Perché ha scelto di iscriversi al Master Expert Teacher, in particolare a quello per il profilo “Esperto in didattica innovativa e inclusiva”? «Avevo visto la presentazione di questo master sul sito Erickson, che seguo perché sono affezionata alla vostra offerta formativa, e mi sembrava valida, molto completa e dettagliata. In particolare, avevo notato che il Master metteva a fuoco tematiche come l’apprendimento cooperativo, la gestione della classe, l’educazione emotiva, tutte competenze indispensabili per noi insegnanti che all’università non vengono insegnate, perché ci si concentra molto sui contenuti ma poco sulle metodologie». Quali sono gli aspetti del master che ha apprezzato di più? «Ho apprezzato molto il fatto che gli insegnamenti abbiano una forte applicabilità nella pratica d’aula. Il limite di tanti corsi di formazione che vengono proposti è che vertono tanto sulla teoria ma poco sulla pratica. I corsi Erickson invece sono molto concreti, per così dire, e consentono di applicare in classe quanto si è appreso. Ho apprezzato anche la ricchezza dei materiali forniti e la prontezza di risposta dei tutor a ogni esigenza». Ci fa un esempio di insegnamento concreto, che ha avuto un’applicabilità diretta per la sua didattica? «Gli organizzatori grafici erano un elemento che non utilizzavo nella didattica, prima di frequentare il master. Ho visto che sono molto utili per lo studio, perché li costruiamo insieme con i ragazzi e facilitano il ragionamento e la discussione. Inoltre, anche grazie al loro aspetto accattivante, favoriscono la memorizzazione dei contenuti e rimangono più impressi».   Anna PepitoneVicentina trapiantata a Vieste (Foggia), è stata insegnante di inglese alla scuola secondaria di secondo grado e da qualche anno si occupa di interventi didattici mirati per i disturbi del comportamento. Della sua esperienza con il master “Expert Teacher”, parla così: «Il master è stato molto impegnativo dal punto di vista didattico. Per me ha rappresentato un anno di crescita, soprattutto da un punto di vista interiore. Mi ha dato alcune conferme, come la conferma del fatto che l’approccio umanistico nella didattica è fondamentale e che deve essere prevalente rispetto all’approccio tecnico-specialistico. Mi ha insegnato molte cose: la prima è stata la cura dell’altro. Prendersi cura dell’altro è la base del lavorare insieme. Nel nostro gruppo di corsisti, non ci conoscevamo come colleghi, ma abbiamo imparato un po’ alla volta a prenderci cura dell’altro. Nella quarta palestra del master, in particolare, una palestra che aveva come tema la valutazione nella scuola delle competenze, ho sperimentato l’accudimento da parte dei miei compagni, ossia sono stata accompagnata verso l’autorealizzazione in un ambito in cui sapevo molto poco, e alla fine mi sono sentita competente e soddisfatta».   Federica Benetto È stata insegnante di sostegno per 8 anni alla scuola primaria, in provincia di Torino, e da poco è passata all’insegnamento curricolare.  Perché ha deciso di fare l’esperienza del master? «Sentivo il bisogno di formarmi di più su inclusione e didattica innovativa, soprattutto in vista del cambio di incarico a scuola. In passato avevo fatto altri corsi con Erickson e avevo piacere di aggiornarmi e ampliare la mia formazione». Quali sono gli aspetti del master che ha apprezzato maggiormente? «Ho apprezzato la formazione e la competenza dei docenti, le conoscenze che sono riusciti a trasmetterci e il fatto di avere a disposizione tanto materiale da consultare.L’approccio utilizzato, nonostante il master si sia svolto soltanto online, mi ha dato la possibilità di dialogare e lavorare in gruppo con altri studenti, uno scambio che è stato motivante e arricchente.Per me è stato utile anche sperimentare la valutazione formativa, in cui i giudizi sono stati sostituiti da un feedback descrittivo, il che mi ha dato la possibilità di vivere in prima persona quello che gli alunni sperimentano a scuola. In che modo quello che ha imparato le è utile nel suo lavoro a scuola? «Non ho ancora potuto mettere in pratica le conoscenze che ho acquisito perché poco dopo la conclusione del master sono andata in maternità, ma appena rientrerò avrò modo di applicare al lavoro in classe le conoscenze e le abilità che ho sviluppato». .article-header{ align-items: center !important; } .author-profile-pic{ height: auto !important; } @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; } @media (max-width: 768px){ .me-text div { flex-direction: column !important; }
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Entrambi i principi contribuiscono a costruire una educazione inclusiva, ma nessuno dei due è sufficiente da solo.
I principi di normalità e di specialità hanno contribuito e contribuiscono entrambi a costruire il pensiero e le pratiche dell’educazione inclusiva. Il primo mette l’accento sull’uguaglianza di valore fra tuttə ə bambinə e ə ragazzə e il loro pari diritto a un’educazione di qualità. Sottolinea inoltre il valore di luoghi formativi che accolgano tuttə in un contesto democratico e garantiscano la partecipazione a un curricolo comune.  Il principio di specialità porta invece a guardare l’unicità di ognunə e a dare un’attenzione particolare a bambinə e ragazzə che per qualche ragione (marginalizzazione o vulnerabilità) faticano a godere pienamente dell’offerta formativa e rischiano dei fallimenti.Questo principio evidenzia l’importanza di costruire un’offerta formativa plurale che permetta di intervenire in modo mirato per limitare l’impatto di marginalizzazione e vulnerabilità ed evitare degli insuccessi in ambito formativo. Entrambi i principi sono forze che contribuiscono a migliorare l’educazione inclusiva. Allo stesso tempo, nessuno dei due è sufficiente da solo. Entrambi sono parziali ed entrambi implicano dei rischi. Attraverso il dispositivo della dialogica della speciale normalità, proponiamo di pensarli insieme. Mettere in dialogo normalità e specialità ci permette in primo luogo di individuare un terreno comune, di intersezione che supera una loro contrapposizione dicotomica. Riconoscere l’unicità di ogni soggetto che apprende porta la specialità nel campo della normalità e spinge allo sviluppo di un’offerta formativa normale che si faccia plurale nel rispetto di quelle molteplici singolarità. Questa non è però una soluzione statica: richiede di essere costantemente monitorata e sviluppata, ponendosi alcune domande che richiamano i rischi che uno sbilanciamento verso la normalità o verso la specialità comporta. Come riconoscere l’unicità di ognunə evitando l’appiattimento ingiusto di tutte le differenze come se fossero uguali, ma anche forme di etichettamento e stigmatizzazione per situazioni di marginalità e vulnerabilità?  Come dare vita a un’offerta formativa plurale che unisca senza omologare o standardizzare, ma al contempo garantisca interventi di supporto a marginalità e vulnerabilità senza isolare e delegare?  In questo senso, la speciale normalità contribuisce a costruire uno spazio dialogico in cui i due principi di normalità e specialità possono continuamente correggersi e contaminarsi, potenziando il loro valore per lo sviluppo di un’educazione inclusiva e limitando i rispettivi rischi.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica inclusiva
Un clima sereno in classe deriva dal saper attuare strategie efficaci per l’inclusione, guidando i processi di crescita di ciascun alunno.
Stranamente si scrive poco su un problema concretissimo, che rimane cruciale per la gran parte degli insegnanti: la gestione della classe. Questa espressione è diffusissima nella scuola, anche se è certamente riduttiva: lo scopo non è rendere accettabile l’esistente, ma attivare e guidare dei processi di trasformazione e di crescita. Il ruolo dell’educatore consiste infatti nel creare le condizioni perché l’alunno realizzi le sue potenzialità e apprenda dapprima in modo guidato e poi in modo sempre più autonomo.  Tuttavia gestire una classe quando si comprende la grande eterogeneità delle alunne e degli alunni che si hanno di fronte non è mai un compito semplice.  È assolutamente necessario cogliere e fronteggiare i problemi del singolo, senza però mai perdere il controllo del gruppo. Il valore inclusivo della didattica consiste nel miglioramento della sua qualità complessiva per tutti gli alunni, i quali in questo modo riescono a ottenere proposte maggiormente individualizzate o personalizzate. Una buona didattica inclusiva cerca infatti di riconoscere e comprendere le varie differenze degli alunni, di valorizzarle, innanzitutto non pensandole solo in accezione negativa ma anche per le loro valenze positive.  Alla luce di questo, per creare un’esperienza di apprendimento efficace in qualunque classe seppur molto eterogenea, l’insegnante deve essere capace di creare un’atmosfera motivata e favorevole. Per farlo è necessario essere sempre disponibili all’ascolto, sia attivo sia passivo, non solo per mettere a fuoco e risolvere problemi con i singoli alunni o con la classe, ma anche per fornire un modello nell’affrontare i problemi di relazione. Non c’è un solo modo per essere insegnanti convincenti ed efficaci: si può essere più aperti o riservati, ma l’importante è risultare, ed essere, sempre coerenti. L’autorevolezza deriva dalla sicurezza, dall’autostima e dal senso di efficacia che un insegnante riesce a conquistare, ma in buona misura deriva anche dalla coerenza tra comportamenti manifesti e convinzioni profonde, che si traduce poi in correttezza, anche professionale, nelle relazioni. Gli insegnanti possono quindi contare su una serie di strategie che coinvolgano tutti gli aspetti che compongono la complessità della relazione con il gruppo classe, al fine di una gestione serena ed efficace: Concordare le regole della classe e le relative sanzioni riparatorie. Perché la classe diventi una comunità democratica cooperativa metacognitiva si può cominciare con il concordare insieme le regole e le relative sanzioni. Agire in modo coerente. L’insegnante è un modello per gli alunni, e per questo si deve comportare con giustizia e agire di conseguenza. Condividere con i ragazzi le scelte educative e i criteri di valutazione degli apprendimenti. Coinvolgere i ragazzi nelle scelte educative permette di farli sentire parte attiva nella progettazione curricolare e favorisce la motivazione all’impegno; anche nella valutazione è importante concordare i criteri e le modalità di reperimento dei dati che saranno oggetto di giudizio. Insegnare le abilità sociali anche attraverso l’interdipendenza positiva dei ruoli. Una classe dove si sta bene è quella in cui ognuno ha ben chiari i compiti e i ruoli da giocare al suo interno; per questo è importante dedicare un tempo congruo all’organizzazione sociale della classe, dove ciascuno partecipa con ruoli diversi al benessere di tutti.
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